Ristampa, prego!

Mille e non più mille libri … da ristampare!/7.

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La bellezza – un racconto di Marise Ferro

[racconto tratto da: Racconti italiani 1970 – Selezione dal Reader’s Digest – Milano, 1969]

Ho sempre amato la bellezza. Non la bellezza del fiore, del bosco, del cielo o del mare, gatto o volpe o canarino o scoiattolo o libellula, ma la più fatale, la bellezza umana. Fino da bambina un’estasi che mi faceva raro il respiro mi fermava attonita davanti a un bel viso di donna, di uomo o di bambino. Mia madre, che non aveva sottigliezze, mi scuoteva dalla mia contemplazione dicendomi: – “Che cosa guardi con la bocca aperta? Diventi ancora più brutta”.
Perché ero brutta, ma non me ne dolevo. Continua a leggere

Pubblicato in 1970, Stefano Terra | Contrassegnato , , | Lascia un commento

Facciamo l’appello? [parte II]

[dopo l’introduzione di Ferruccio Parazzoli e Antonio Franchini, qui, ecco le note biografiche dei “giovani scrittori” di Italiana: Antologia dei nuovi narratori, Oscar Mondadori, 1991]

Edoardo Albinati è nato a Roma nel 1956 dove insegna al III Istituto Tecnico Agrario. Ha pubblicato Arabeschi della vita morale (Longanesi, 1988), Il polacco lavatore di vetri (Longanesi, 1989) e il volume di poesie Elegie e proverbi (Mondadori, 1989).

Luciano Allamprese è nato nel 1954. Dopo aver svolto attività didattica e di ricerca in università spagnole e latino-americane, è tornato a Roma dove insegna in un istituto tecnico. Ha pubblicato saggi e racconti su riviste letterarie (“Nuovi Argomenti”, “Paragone”, ecc.) e ha scritto il romanzo Strane conversazioni con le donne (Mondadori, 1989).

Bruno Arpaia è nato a Ottaviano (Napoli) nel 1957. Traduttore ed esperto di letteratura latino-americana, è giornalista a “La Repubblica”. Suoi racconti sono apparsi su “Linea d’ombra”. Con il romanzo I forestieri (Leonardo Editore) ha vinto il premio Bagutta Opera Prima 1990.

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Pubblicato in 1991, Appelli | Contrassegnato , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , , | Lascia un commento

Correva l’anno: 1957

E’ del 1957 il film Le notti bianche, del regista Luchino Visconti, tratto dal romanzo di Dostoevskij.

Luigi Davì, operaio, esordisce come scrittore con Gymkhana-Cross (qui e qui).

La Fiat, il 4 luglio, lancia sul mercato la Fiat 500 ghia Jolly, che rimarrà in produzione fino al 1966.

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Marise Ferro (1907 – 1991)

Marise Ferro, pseudonimo di Maria Luisa Ferro; scrittrice, giornalista, traduttrice e saggista.
Il suo ultimo romanzo è stato La sconosciuta, Rizzoli 1978, vincitore del Premio Stresa di Narrativa.

Così veniva presentata in Racconti italiani 1970 – Selezione dal Reader’s Digest – Milano, 1969:

Marise Ferro è nata a Ventimiglia. Ha esordito giovanissima, nel 1932, con il romanzo Disordine. A questo primo libro ne sono seguiti altri che hanno riscosso un ampio consenso di pubblico e di critica. Sopraggiunta la guerra, l’autrice ha abbandonato la narrativa per quindici anni, pur continuando a scrivere assiduamente su riviste e giornali. Per vent’anni è stata collaboratrice di Stampa Sera e, in seguito, del Corriere della Sera. Nel 1967, con il romanzo La Violenza è tornata felicemente alla narrativa. Attualmente vive a Milano.

OPERE PRINCIPALI: Disordine, Mondadori 1932 – Barbara, Mondadori 1935 – Trent’anni, Garzanti 1939 – Lume di luna, Mondadori 1942 – La guerra è stupida, Milano-Sera editrice 1950 – La violenza, Mondadori 1967.

A breve, su glinvisibili, un suo racconto.

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Facciamo l’appello? (parte I)

[Ferruccio Parazzoli e Antonio Franchini presentavano così, nel 1991, nella collana Oscar Mondadori, il volume Italiana: Antologia dei nuovi narratori.]

Di solito, un’antologia risponde a una logica. Il curatore di un’antologia si trova davanti a una serie di scelte: di tema, di autori, di movimenti o periodi letterari da illustrare, dimostrare, o perfino da inventare.
Più ci si avvicina alla contemporaneità, più i criteri delle scelte si fanno opinabili. E diventa inevitabile l’invito implicito, sempre sollecitamente accolto dai soliti curiosi, a mettersi in caccia dei nomi che ci sono e di quelli che non ci sono.
Questo libro è un caso diverso. Qui non c’è ancora una storia, un percorso già disegnato da confermare o da ribaltare, anche se, alla lettura, ci sembra emergere un profilo, fino ad oggi frammentato, e qui sorprendentemente nitido, della nuova narrativa italiana e del suo ormai inconfondibile modo di interpretare e raccontare una realtà sempre meno reale. Continua a leggere

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Le mie mani – un racconto di Luigi Davì

Erano come quelle di una femmina. Mani fatte per reggere una penna o per sfogliare un libro. Piccole, con linee imprecisate; le dita aguzze. E morbide. Come un panno nuovo. Il mio orgoglio, le mie mani. Le tenevo con cura. Parlo di un tempo trascorso. Venne l’officina, il loro incupirsi. Le guardavo invigorirsi e serravo i denti. Vidi su esse il sangue, e le crepe del gelo. Mani delicate che pativano tutto, da tutto traevano forza. Non volevo. Le guardavo e, ad esse: “Non io, non io vi ho voluto così”. Continua a leggere

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Il risvolto di Luigi Davì

Risvolto del libro di racconti Gymkhana-Cross di Luigi Davì, pubblicato da Einaudi nel 1957 nella collana “I Gettoni”, sotto la direzione di Elio Vittorini.

Nato nel 1929 in Val d’Aosta e vissuto sempre nei sobborghi di Torino, Luigi Davì è un operaio tornitore che impiega gran parte delle sue serate e delle sue domeniche a scrivere. Non ha fatto altre scuole che quelle d’avviamento industriale, ma ha sempre avuto una voglia matta di raccontare che può ormai dirsi vocazione. Senza molta versatilità nelle letture, senza mai grosse infatuazioni letterarie, immerso interamente nel gergo e nella mentalità della covata suburbana cui appartiene, riferisce alla rinfusa di tutto l’amaro e il dolce che un giovane operaio si trova ad assaporare della sua vita d’oggi giorno: le balere, la moto, la ricerca di lavoro e il lavoro stesso, i rapporti coi compagni, i rapporti con le ragazze, e i puntigli, gli atteggiamenti, le fissazioni, le bravate…; eppure sa darci ben di più che del semplice “colore di classe”, e ha messo insieme un libro (questo suo libro qui) che non si può non considerare il più genuino dei non molti apparsi finora in Italia con personaggi operai. Per quanto privo di una vigile coscienza letteraria egli prende così posto, grazie all’attualità di quello che è, tra i più avvertiti scrittori italiani dell’ultima generazione. Ma, nella vicinanza che sente di loro (specie di Calvino che lo aiuta da un pezzo a precisarsi) ora ha il problema di tenere in pugno le proprie capacità di sviluppo. E in questo corre, per l’avvenire, il suo unico pericolo che è, se non riesce a guardarsene, di snaturarsi.

Elio Vittorini.

(ndr.: il testo uscì non siglato)

Tratto da: I risvolti dei “Gettoni“, a cura di Cesare De Michelis, Scheiwiller, Milano 1988, pp. 143-144
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Che sia bello e buono

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Luigi Davì

Immagine tratta dalla rivista "Il Gatto Selvatico"

Nel primo numero – il numero 0- della quasi rivista glinvisibili parleremo, oltre che di Stefano Terra, anche di Luigi Davì.

Qui è possibile scaricare un racconto di Luigi Davì, “I Centaturi”, pubblicato nel febbraio del 1959 su Il Gatto Selvatico, rivista aziendale dell’Eni attiva dal 1955 al 1963.

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